Ringraziamenti
Vogliamo ringraziare tutti, proprio tutti, per la riuscita della festa: il Circolo Mondini che ci ha concesso gratuitamente lo spazio, gli studenti delle scuole per le meraviglie culinarie e per la partecipazione gioiosa e consapevole, gli artisti che con i loro spettacoli di denuncia (altrettanto gratuiti) hanno aperto il confronto, gli autori di dipinti e foto in mostra, nonché i protagonisti delle foto stesse, i prof che hanno contribuito nei 1000 dettagli alla sua costruzione, gli svariati invitati che hanno compreso l’importanza di quella giornata, infine ma non ultimi i candidati dell’Unione che hanno accettato il confronto: Valerio Colombo (Partito Umanista), Stefano Costa (Verdi), Daniele Farina (PRC), Pierfrancesco Majorino (DS), Mariangela Monga e Francesco Rizzati (PDCI), con i quali ci siamo dati un ulteriore appuntamento festaiolo dopo le elezioni.
Il multievento di domenica 5 marzo si è realizzato oltre le aspettative. In una scuola di una zona periferica, assieme ad una delle componenti socialmente e politicamente più periferiche che esistano in Italia e in Europa: i migranti.
“Quelli della stiva”, come li chiamava Paolo Villaggio, sennonché non arrivano sui nostri lidi stipati in una stiva bensì ammassati in coperta, sul cassero di un barcone. E quelli della stiva ci consideriamo pure noi, tra gli elettori più ai margini che ci siano, poiché ci occupiamo degli invisibili. Invisibili che lavorano, abitano la nostra città e condividono parte delle nostre esistenze.
Tuttavia siamo stati straordinariamente visti e ascoltati dai candidati che hanno accolto il nostro invito, stupiti pure loro del livello di partecipazione. Sono stati visti e ascoltati, per la precisione, perché a farla da padroni del microfono una volta tanto sono stati i migranti.
L’esperienza dei migranti in questo Paese si è tradotta in una infinità di questioni che hanno attraversato, com’è giusto che sia, tutto il traversabile dei diritti sociali, politici e giuridici negati. La loro presenza alla festa e comunque la loro presenza nelle scuole denota la speranza che li accompagna in emigrazione, nonostante tutto. Nonostante gli ultimi 4 anni di buio pesto.
Speranza ora riposta in un nuovo governo, a cui è richiesto un intervento d’urgenza, ancora prima del varo di una nuova legge che richiede tempi lunghi, per sanare la clandestinità e tutti gli abusi che ne derivano (evidenziati dal solito decreto flussi): stop alle espulsioni, revisione dei casi di espulsione, sanatoria. Alcune frasi del programma dell’Unione ci fanno ben sperare: graduazione delle espulsioni, modulandole sul grado di integrazione e situazione personale – garanzia del permesso di soggiorno a ogni immigrato che denuncia la propria condizione di lavoro irregolare – introduzione del permesso annuale per ricerca di lavoro.
Tanto per non tagliare fuori gli sfortunati che sono arrivati in tempi di Bossi-Fini e tanto per cominciare a dar prove di superamento dei CPT, attraverso l’abolizione della clandestinità e della schiavitù che ne consegue. Ovviamente nel pieno rispetto delle regole e della legalità, ma soprattutto della giustizia. Al proposito diamo per scontata la chiusura immediata dei CPT.
Queste proposte non rappresentano che l’inizio di una lunga strada che vogliamo percorrere, in particolare nei quartieri cittadini milanesi, attraverso la costruzione di reti zonali, assieme ai diversi soggetti tanto di derivazione istituzionale (e speriamo che vada bene anche a Milano) quanto del privato sociale con i quali condividere progettualità di senso a carattere sociale e interculturale.
Perché anche noi? Perché le scuole di italiano sono poli di aggregazione e socialità e luoghi di valorizzazione delle risorse personali e culturali, sono flessibili in risposta ai bisogni che emergono, e sono delocalizzate, coprendo gran parte del territorio milanese. E perché i volontari che vi operano conoscono il “diritto e il rovescio“ dei migranti, con i quali possono concretamente costruire percorsi di cittadinanza partecipe. A cominciare dalla discussione in classe sul programma dell’Unione, alla ricerca dei punti critici e dei suggerimenti da proporre. Chiamasi didattica sociale, tradizionalmente intesa come educazione civica.
Una nuova consulta stranieri (ammesso che abbia ancora senso) potrebbe consolidarsi grazie all’attività nei territori vissuti dai migranti e dalle svariate associazioni che operano in loro favore. Senza la periferia il centro non esiste, o, se esiste, è un astrazione.
Arrivederci a tutti. Alla prossima.
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